Title: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 2724 (Federici, Chronicon Vulturnense, II, n. 79)
Document number: 5586
Author(s): Paola Massa (file creation on 2023-06-13); Paola Massa (last change on 2023-06-13)
Record source: Critical edition
Document type: Placitum/iudicatum
Document tradition: Copy
Fiscal property: No
Provenance: Sanctus Vincentium; monasterium (Isernia)
Date: 899 August
Topical date: Benevento
Dating elements: L'anno del principato di Radelchi II è
calcolato «post restauracionem», cioè a partire dal 2 giugno-31
agosto 897 (cfr. Bartoloni 1944, p. 8 note 23 e 24).
Date/period of redaction: XII pm
Keywords: bishops, judge, monasteries, notary, prevosts, princeps, rivers, vir gloriosus/vir sublimis, witness.
Editions and document summaries: Editions: CV II, n. 79, pp. 20-21 (source of the text reproduced here). Document summaries: Poupardin 1907, n. 70.
Bibliography: Voigt 1902, fra i nn. 82 e 83.
Commentary
San Vincenzo al Volturno è un antico insediamento monastico benedettino fondato nell'VIII secolo da tre principi beneventani di stirpe longobarda, alle sorgenti del fiume Volturno. La compilazione del cartulario (Vat. Barb. Lat. 2724), datato tra secondo e terzo decennio del XII secolo, fu iniziata poco dopo la stesura del Chronicon del monastero beneventano di S. Sofia, i documenti sono intercalati fra i brani della cronaca e il lavoro è stato compiuto da un elevato numero di scrivani, alcuni specializzati nei prologhi e nella cronaca, altri nella trascrizione dei documenti. Il Chronicon Vulturnense contiene un gran numero di falsi e spesso i documenti non sono integralmente copiati.
Radelchi II, principe di Benevento, assistito dal vescovo Pietro, da abati, ottimati, giudici ed altri nobili longobardi, a richiesta di Adelperto, preposito del monastero di S. Pietro, il quale dichiarava che per la distruzione del monastero di S. Vincenzo al Volturno, operata dai Saraceni di Saugdan, erano andati perduti i titoli di possesso di molte celle e di altri beni acquistati o donati al monastero, decreta che, a far fede dei suoi possessi, sia sufficiente la testimonianza giurata di cinque scarioni.